Zianigo è un piccolo centro prossimo a Mirano, nella campagna a ovest di Venezia. La villa viene costruita nel 1688, con una pianta simile all’attuale. L’aspetto esteriore, invece, era in origine più semplice e l’interno più basso. Giambattista Tiepolo l’acquista nel 1757, fa innalzare il livello dei solai e modificare le aperture della facciata. La lascia poi in eredità a Giandomenico, che vi risiede a lungo, decorandola con la celebre serie di affreschi, di cui solo una piccola parte è ancora in loco. Dopo la sua morte , la villa subisce vari passaggi di proprietà. Nel 1906 appartiene ad Angelo Duodo che vende la quasi totalità degli affreschi all’antiquario veneziano Antonio Salvadori, che ne commissiona lo strappo. Anche la villa è in seguito venduta e passa negli anni per mani diverse. Un incendio distrugge nel 1921 l’ala sul lato destro, che viene sostituita da un porticato tuttora esistente e varie sono le modifiche apportate in più riprese anche all’interno. Viene infine attentamente restaurata, con il patrocinio dell’Ente per le Ville Venete (1975-76), a cura degli attuali proprietari.
Gli affreschi di Zianigo. Gli affreschi di Zianigo possiedono almeno due elementi di eccezionalità: innanzitutto hanno la rarissima caratteristica di non essere stati realizzati dal pittore per un committente, ma per se stesso, in assoluta libertà d’ispirazione; poi di essere stati prodotti nell’arco di un quarantennio, dal 1759 fino al 1797 almeno. Costituiscono perciò un’irripetibile occasione per cogliere lo sviluppo della sua arte, dalle prove ancora giovanili, legate all’insegnamento paterno, fino alle espressioni più intense e personali della maturità. Nel 1906 gli affreschi vengono venduti all’antiquario veneziano Antonio Salvadori, che li fa strappare dal restauratore Franco Steffenoni allo scopo di venderli in Francia. Il fatto viene reso noto con grande rilievo dalla stampa che evidenzia il rischio di un nuovo, gravissimo depauperamento del patrimonio artistico nazionale. Gli organi competenti intervengono tempestivamente e ciò consente che gli affreschi vengano recuperati e in gran parte acquistati, fin dal 1908, dalla Città di Venezia e dallo Stato Italiano per essere destinati ai Musei Civici. Prima esposti al Museo Correr, trovano definitiva collocazione a Ca’ Rezzonico dal 1936, con un allestimento che tenta di ricostruirne la disposizione originaria. Qui sono stati nuovamente ricollocati dal 2001, anno di riapertura del Museo.
Satiri Centauri e Pulcinelli. Il filo conduttore del ciclo di affreschi di Giandomenico Tiepolo a Zianigo non è facile da individuare e seguire. La sola eccezione è costituita dai dipinti della cappella: assieme a due temi dell’Antico Testamento assai frequenti nel Settecento (Mosè e le tavole della legge e il Sacrificio di Melchisedech), vi si illustrano episodi della vita di San Girolamo Emiliani, fondatore dell’ordine dei Somaschi, cui apparteneva uno dei fratelli di Giandomenico. Nelle scene e decorazioni del rimanente della villa domina la vitalità proteiforme della maschera di Pulcinella da un lato e, dall’altro lato, sono figurati episodi con satiri e centauri. Alcuni affreschi, infine, riportano scene di vita contemporanea (il Minuetto, la Passeggiata, il Mondo Novo). Va sottolineato come in ciascuno dei filoni compaiano scene e situazioni simili ma ricondotte all’ambito narrativo in cui sono inserite. Si potrebbe cioè pensare a una specie di gioco di intrecci e rimandi cifrati, come in un rebus. Ma non può sfuggire tuttavia come l’intero complesso sia dominato da un’atmosfera sostanzialmente unitaria, come esso riveli l’atteggiamento culturale e psicologico dell’artista. Nel tempo e fuori del tempo, nell’età prima della civiltà e fino all’oggi si dipana l’inutile affannarsi dell’uomo a costruire una storia che si rivela fallace, una trama illusoria di gesti e sberleffi, di grandezze e miserie in cui creature mitologiche, mostri ed eroi al pari di Pulcinella vivono, muoiono, s’interrogano (maghi e astronomi sono infatti al lavoro) per cercare una risposta che non c’è perché non può esserci: inutili i sacrifici, i gesti, i rituali; inutili l’affanno e la fatica: come in una favola o in una commedia di Gozzi tutto si rovescia all’improvviso, le maschere e i caratteri si scambiano i ruoli e si sbeffeggiano, i ruoli si umanizzano e vince la metamorfosi e l’effimero. La Storia, anche la Storia, finisce nella vacuità idiota dei bellimbusti alla moda; qualcuno s’aspetta un segnale e scruta nell’altrettanto illusorio orizzonte del Mondo Novo.