Il percorso dell’artista e quello della mostra
Nato da una famiglia di umili origini nel 1849, e dotato di un precoce, straordinario talento, viene avviato dal padre agli studi artistici, anche grazie all’aiuto di alcuni benefattori.
Riceve le prime nozioni nello studio del pittore Vason e contemporaneamente visita e “studia” la raccolta privata del conte Antonio Zanetti, proprietario della casa di San Cassiano dove abita con la famiglia. Entra quindi nel 1864 all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ove riceve numerosi premi dal 1866 al 1870, una menzione d’onore l’anno successivo e un incarico come supplente per gli elementi della figura dal 1877 al 1878.
SALE 1-4 Suoi professori all’Accademia sono Pompeo Marino Molmenti per la pittura, Michelangelo Grigoletti e Napoleone Nani per il disegno di figura e Domenico Bresolin per il paesaggio, tutti rappresentati in mostra con opere di grande impegno e importanza.
In questa prima fase Favretto affronta soggetti a lui vicini, come scene di vita famigliare o popolare, e ambienti propri dell’Accademia.
Vi si leggono sottolineature realistiche tratte probabilmente dai lavori di Federico Zandomeneghi e del napoletano Michele Cammarano.
Del 1871 è la già significativa Scuola di pittura. Del 1872, appena uscito dall’Accademia, è Il francescano Duns Scoto nella cella. L’anno successivo dipinge La famiglia Guidini, un capolavoro di questa prima fase, oggi a Ca’ Pesaro, ma nello stesso anno sarà l’Esposizione di Brera a indicarlo all’attenzione della critica e a segnare la nascita della moderna scuola veneziana, anche grazie alle recensioni positive e alle lodi di un critico arguto come Camillo Boito. A questa fase appartengono opere di piccolo formato, quali Una lezione anatomica, La moglie gelosa, In pinacoteca o I miei cari caratterizzate da un tono intimo e lirico, arguto e ironico.
Nel 1877, colpito da una grave malattia, perde un occhio.
L’anno seguente partecipa con Guglielmo Ciardi all’Esposizione Universale di Parigi ove espone due opere; a Brera presenta Il sorcio che riscuote vasti consensi e dipinge la splendida Villanella pollajuola ora alla Collezione Cariplo. La mostra offre un confronto, nella stessa sala, con una composizione in qualche modo vicina a questi soggetti, le Infilatrici di Perle di Cecil van Haanen, esposto e premiato al Salon del ’76. Dell’anno successivo sono L’ultima parola e Due quadri da vendere ora Galleria d’Arte Moderna di Milano.
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Allo stesso periodo risale anche La raccolta del riso nelle terre del basso veronese, unica escursione di Favretto nel paesaggio, caratterizzata da un terso vigore di luminosità, esposta in mostra assieme a opere dei coevi pittori di paesaggio, da Bresolin a Ciardi, mentre una selezione di opere di figura di pittori a lui vicini, per datazione o tematica, permette di comprendere il giudizio della critica e il gusto dell’epoca.
SALA 7
Ai primi anni Ottanta appartengono i soggetti in costume settecentesco (in cui spesso Favretto si serve dei famigliari come modelli) che costituiscono un genere – allora di gran moda – di cui l’artista sarà un vero e proprio riferimento, influenzando quasi tutti i pittori d’area veneta.
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Nel 1880 vince a Brera il premio Principe Umberto con Vandalismo! Poveri antichi (il titolo si riferisce a polemiche relative all’imperizia di alcuni restauratori che intervengono in maniera impropria su opere di antichi maestri). Lo stesso anno partecipa all’Esposizione Nazionale di Torino ottenendo entusiastiche recensioni, come questa di Filippo Filippi: “Un artista straordinario, i cui quadri attraggono la folla, comandano l’ammirazione e soddisfano i più esigenti conoscitori […] un osservatore profondo, un grande artista nel senso vero della parola. Egli ritrae la vita esteriore casalinga del popolo veneziano con una verità da far strabiliare, e a questa verità aggiunge un colore potente luminoso, sodo, disegno accurato, una tecnica di pennello sorprendente, ottenuto dagli effetti veri e dalle apparenze minute con una incredibile semplicità dei mezzi. Mandò sei dipinti che sono sei gemme di un solo monile. Si può preferire l’uno o l’altro, ma tutti hanno dei pregi singolari che giustificano le preferenze”.
I dipinti degli anni Ottanta segnano in effetti la maturità artistica di Favretto e la sua partecipazione a diverse e importanti esposizioni pubbliche. Ecco allora, in mostra, il Mercato in Campo S. Polo, Il bagno della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, l’afoso e sensuale Caldo esposto a Milano nel 1885, Susanna e i due vecchi in prestito dalla Galleria Nazionale di Budapest, che per la prima volta torna in Italia, Lavandaie della collezione Katalinic, mai esposto prima d’ora.
All’Esposizione Nazionale di Venezia del 1887 presenta tre dipinti: Traghetto della Maddalena, El Liston, La fiera di Pasqua al Ponte di Rialto, ma, a giugno, muore per una fulminante malattia. La mostra espone l’ultima opera dell’artista, incompiuta, Liston moderno, acquistata dal Re e oggi in collezione privata.
Nel 1899 la Biennale di Venezia gli dedica una retrospettiva, esponendo un’ampia scelta delle sue opere, tre delle quali sono oggi a Ca’ Pesaro: Ritratto del padre (1884, esposto in sala 9 , Dama veneziana del secolo XVIII e In piazzetta (1884, esposto in sala 7) acquistato per il museo dal re Umberto I.
SALA 11
L’”eredità” di Favretto, documentata dalla persistenza di una fortissima richiesta di dipinti di genere sulla scia delle sue composizioni, è esemplificata in mostra da dipinti di autori diversi, che esplicitamente ne richiamano temi e modi e alimentano il gusto collezionistico dell’epoca.
Ma, dopo la retrospettiva del ’99, non vi saranno più mostre monografiche a lui dedicate. Fino a oggi.