La nascita di un museo
Nel 1694, un abate, Jean-Baptiste Boisot, lascia in eredità la sua biblioteca e i suoi oggetti d’arte all’abbazia benedettina di Saint-Vincent di Besançon a due condizioni: l’insieme doveva essere custodito in una sala che sarebbe stata aperta al pubblico due volte a settimana e si doveva stanziare un budget per consentire l’arricchimento del fondo. Nel 1843, un piano del nuovo mercato del grano è assegnato a museo e in occasione dell’esposizione universale del 1860, vengono costruite gallerie in legno, sostenute da pilastri di ghisa nella corte interna dell’edificio. Il museo si sviluppa su due piani tra opere d’arte e archeologia.
In seguito all’importantissimo lascito dei Signori Besson nel 1963, l’edificio è interamente ristrutturato dall’architetto Luis Miquel, collaboratore di Le Corbusier. Dal 1967 al 1970, rampe e pianerottoli in cemento grezzo vengono edificati nella corte interna e sostituiscono le gallerie dell’800. L’audacia e l’originalità della scelta in un’epoca in cui sono rare, in Francia, realizzazioni di una tale entità, fanno del museo di Besançon una pietra miliare nell’architettura museale.
Oggi il museo è in ristrutturazione per rispondere alle esigenze della nuova museologia e sarà riaperto al pubblico nel 2018.
Le grandi donazioni
Le collezioni del museo sono state notevolmente arricchite nel corso del XIX° secolo da vari acquisti, ma principalmente da donazioni e lasciti.
- 1843: dono della biblioteca civica di dipinti e disegni tra cui le opere di François Boucher, Jean-Honoré Fragonard, Hubert Robert.
- 1843: lascito di François-Xavier Donzelot di un insieme di grandi dipinti napoletani del XVII° secolo
- 1889: lascito di Jean-Louis Eugène Willemot di circa mille ceramiche.
- 1894: lascito di Jean Gigoux di circa cinquecento dipinti e tremila disegni.
- 1963: lascito di Georges e Adèle Besson di opere di artisti del XX° secolo, come Bonnard, Dufy, Dunoyer de Segonzac, Lhote, Marquet, Matisse, Rodin, Signac, Vallotton e Picasso.
- Dal 1994: donazioni di Norbert Ducrot-Granderye di dipinti, disegni, stampe, arazzi e sculture di Charles Lapicque.
Originario di Besançon, l’artista e collezionista Jean Gigoux aveva raccolto cospicue collezioni con la volontà di lasciarle in eredità alla sua città natale, dove intendeva contribuire alla creazione di un « Louvre provinciale » per iniziare i suoi compatrioti alla storia dell’arte occidentale dal Rinascimento in poi. L’Ebbrezza di Noè ne è una testimonianza.
L’Ebbrezza di Noè al Museo di Besançon
L’Ebbrezza di Noè è un dipinto ad olio su tela, supporto che sostituisce il legno a Venezia nel XVI° secolo. Bellini lo adotta alla fine della sua vita. L’opera è stata oggetto di una nuova intelatura probabilmente nel XIX° secolo e ha subito vari ritocchi di natura tecnica e stilistica, per mascherare estese zone logorate. Il piede di Noè per esempio è stato largamente rilavorato – presenta oggi quattro dita! -, poiché questa zona d’angolo è molto consumata.
La radiografia evidenzia la ripartizione delle luci che definiscono le forme in modo quasi tattile, simile alle ultime opere di Giorgione e di Tiziano, e anche la quasi assenza del disegno preparatorio. Questi elementi tecnici mostrano la partecipazione di Bellini alla “maniera moderna” della pittura veneziana dopo il 1500.
Come spesso accade, gli studi e i restauri dell’opera sono stati soprattutto organizzati in occasione delle esposizioni in cui l’opera è stata prestata. La presentazione del Museo Correr ha permesso di affidare l’opera ai Laboratori della Misericordia per uno studio preliminare. Al suo ritorno a Besançon, l’opera beneficerà di un restauro fondamentale prima dell’apertura del Museo restaurato nel 2018.