Il veneziano Giacomo Favretto (1849-1887) è uno dei più importanti maestri dell’Ottocento italiano, per la qualità della pittura, l’originalità del percorso, le contiguità con l’opera di altri artisti a lui vicini o contemporanei. Vero “innovatore“ della scuola veneziana della seconda metà del secolo, recupera, aggiornandoli, gli aspetti peculiari della grande tradizione veneta – da Longhi a Tiepolo – abbandonati nella prima metà dell’Ottocento a favore della pittura di storia e di quella di paesaggio. Favretto sarà un pittore di enorme successo nella sua breve, intensa carriera. Scomparirà prematuramente nel 1887 lasciando sul cavalletto, incompiuto, quel Liston moderno che avrebbe forse potuto rappresentare una possibile declinazione veneziana delle più moderne tendenze internazionali: ma la Biennale nascerà a Venezia solo nel 1895.
È, questa, la prima mostra a lui dedicata ai nostri tempi. Coprodotta con il Chiostro del Bramante di Roma , approda doverosamente a Venezia, in una versione ricca e aggiornata con straordinari inediti. Circa 80 le opere esposte. Di Favretto si copre l’intero arco della produzione artistica, presentando, tra l’altro, capolavori già appartenuti alle raccolte del Re d’Italia e notevoli opere sconosciute al grande pubblico, provenienti da Musei o collezioni private; ma, con particolare attenzione, la mostra si sofferma anche su relazioni e confronti tra Favretto e altri protagonisti della pittura veneta coeva, tra cui Ettore Tito, Alessandro Milesi, Guglielmo Ciardi, Luigi Nono…
Mostra e catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Paolo Serafini, con introduzione di Giandomenico Romanelli e saggi di Giorgio Busetto, Eszter Csillag, Carlos González López, Paul Nicholls, Elisabetta Palminteri Matteucci, Paolo Serafini. Completano il comitato scientifico Silvia Bordini e Orietta Rossi Pinelli.
La mostra ripercorre tutte le tappe della vicenda artistica di Favretto: dagli esordi all’Accademia di Belle Arti di Venezia (in mostra l’originalità della sua visione emerge anche dal confronto con i suoi maestri dell’epoca, da Pompeo Marino Molmenti a Michelangelo Grigoletti), ai successi a Brera, fino alla partecipazione all’Esposizione Universale di Parigi (1878) da cui torna con nuove ispirazioni e suggestioni tecniche. L’esposizione prosegue poi con le composizioni degli anni Ottanta, che riscuotono un vastissimo consenso di critica e di pubblico. Da un lato l’acuta osservazione del vero, di una quotidianità della vita veneziana rappresentata a livelli altissimi, non senza tocchi di ironia (da cui il rimando agli esiti dei grandi interpreti del passato, da Longhi a Tiepolo), dall’altro l’adesione alla moda e al gusto dei suoi tempi, con la ripresa del filone in costume settecentesco. I dipinti degli anni ‘80 segnano la maturità della carriera artistica di Favretto e la mostra li documenta con dovizia; tra questi, opere provenienti da grandi musei italiani e stranieri, tra cui Susanna e i due vecchi in prestito dalla Galleria Nazionale di Budapest, che per la prima volta arriva in Italia e lo straordinario Lavandaie della collezione Katalinic, mai esposto prima.
Nel 1887 partecipa all’Esposizione Nazionale di Venezia, durante la quale muore. L’ultimo dei suoi capolavori, Liston moderno, opera acquistata dal Re e oggi in collezione privata, “chiude” la mostra. L’”eredità” di Favretto, documentata dalla persistenza di una fortissima richiesta di dipinti di genere sulla scia delle sue composizioni è esemplificata in mostra dai dipinti di autori diversi che esplicitamente ne richiamano temi e modi e alimentano il gusto collezionistico dell’epoca.