Un progetto incentrato sull’analisi del concetto del tempo nell’arte dell’artista polacco Roman Opalka (1931), che prevede dal 26 marzo al 29 maggio al Museo Correr, un “dialogo” con un capolavoro rinascimentale della collezione permanente del museo. Roman Opalka presenta OPALKA 1965 / 1 – ∞ Détail 800149-816708, un dipinto collocato di fronte alle Dame Veneziane di Vittore Carpaccio, uno dei massimi capolavori del pittore veneziano. A fare da filo conduttore la dimensione fisica e figurata del tempo della pittura nelle due opere. Accompagna la mostra una tavola rotonda, venerdì 25 marzo alle 17.30, nel Salone da Ballo del Museo Correr, con la partecipazione di Giandomenico Romanelli, Roman Opalka e Augusto Gentili, modera Ludovico Pratesi, a cui seguirà l’inaugurazione della mostra.
Il progetto è a cura di Ludovico Pratesi e si realizza in collaborazione con la Galleria Michela Rizzo. Catalogo Marsilio.
A partire dal 1965, Roman Opalka, nel suo studio di Varsavia, decise di rappresentare lo scorrere del tempo attraverso un processo che lo vede dipingere su tele della stessa dimensione (corrispondente alla porta del suo studio), che l’artista chiama “dettagli”, la progressione numerica dallo zero all’infinito. Nell’evoluzione del suo lavoro si possono distinguere fasi diverse: nelle prime tele i numeri erano dipinti in bianco su un fondo nero, mentre dal 1968 il nero è stato sostituito dal grigio, mentre dal 1972 Opalka ha deciso di schiarire il fondo per arrivare a dipingere numeri bianchi su fondo bianco. Egli stesso riassume così il suo lavoro:
Tutto il mio lavoro è una sola cosa,
la descrizione dal numero uno all’infinito.
Una sola cosa, una sola vita
All my work is one thing,
the description of the number one to infinity.
One thing, one life
R. Opalka
Il filo conduttore che permette il dialogo tra Opalka e le “due dame” del Carpaccio è legato alla dimensione fisica e figurata del tempo della pittura nelle due opere. Dall’altra il tempo come protagonista delle due opere: per Opalka sotto forma di progressione numerica, mentre in Carpaccio come senso dell’attesa, visto che il quadro raffigura due dame veneziane sul terrazzino di un palazzo, che aspettano il ritorno dei cacciatori dalla caccia al cormorano, secondo una ricostruzione filologica proposta di recente da Augusto Gentili, illustre studioso di arte veneta del Rinascimento.