Un progetto coraggioso, una mostra come opera d’arte totale, in nove sale e quaranta opere al secondo piano del Museo Correr.
Dei venticinque anni di carriera di Lawrence Carroll, artista americano di origine australiana da tempo attivo anche a Venezia, non si propone un’impaginazione critica, né una sequenza cronologica, ma un lavoro creativo nel quale l’artista si esprime liberamente negli spazi espositivi attraverso installazioni site specific, adatte alle diverse dimensioni degli ambienti.
Ogni installazione si lega con un sottile filo di riferimenti interni alle sale contigue, in un continuo variare di percezioni visive e spaziali, di materiali e di temi, di tipologie di opere: a parete, di spigolo, a pavimento, di grandi e di piccole dimensioni, con inserti ed oggetti o più rigorosamente astratte, in un percorso altamente poetico.
In un’epoca dominata dalla tecnologia, l’arte di Carroll nasce direttamente dalla sua sensibilità, dal suo sguardo e dalle sue mani, come necessità primaria di conferire umanità all’oggetto della comunicazione visiva. Maestri dichiarati sono Marc Rothko e Robert Rauschenberg per l’uso del colore e il recupero della memoria, i minimalisti per la semplicità delle forme e il rapporto con lo spazio, ma soprattutto Giorgio Morandi, con cui sente affinità sostanziali nella ricerca della complessità presente sotto l’apparente semplicità di umili oggetti quotidiani, sempre riproposti in un costante lavoro di approfondimento.
Costruendo da sé i telai, come Morandi, Carroll sperimenta le diverse possibilità di porsi nello spazio della tela dipinta, con elementi di dimensioni molto diverse, spesso assemblati tra loro, sporgenti dal muro, con una profondità accentuata che rivela nuovi modi creativi ed equilibri sottili di pieni e di vuoti, di chiari e di scuri, di opacità e trasparenze. I telai in legno diventano volumi concavi o convessi, che interagiscono con l’ambiente. Contengono a loro volta oggetti – fiori, lampadine, scarpe, tele dipinte e ripiegate su se stesse – che si rivelano come frammenti poetici. I materiali non fingono mai nulla di illusorio, ma si pongono per quello che sono, superando ogni possibile dicotomia fra realtà e rappresentazione, fra astrazione e figurazione. Il legno è legno, il colore è pittura ad olio, la tela è greve e fissata con graffe di metallo, i fiori in seta sono stati intinti nel barattolo del bianco, le scarpe sono quelle usate tutti i giorni per lavorare.
Il lavoro di Carroll non è assemblaggio né installazione nel modo abituale alla produzione artistica contemporanea: legno, tela, colore ad olio e cera servono oggi come nei secoli passati ad esprimere fisicamente con la complessità delle forme e dei colori un’umanità profonda e non aggressiva. La tonalità dei quadri è apparentemente uniforme, quasi monotona e monocorde come giorni che si susseguono tutti uguali. Il colore è, per scelta, quasi un non-colore, ottenuto con strati successivi fino a lasciar trasparire solo in parte il fondo, spesso costituito da tessuti rigati.
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A cura di Laura Mattioli Rossi
Con il patrocinio dell’Ambasciata di Australia in Italia.
Catalogo Charta, con saggi di Laura Mattioli Rossi, Giandomenico Romanelli, Angela Vettese.