Per quanto riguarda l’interesse e la fama di Schiavone in Laguna era stato lo stesso Vasari a scrivere, nel medaglione dedicato all’artista nella seconda edizione delle Vite, che “La maggior parte delle sue opere sono stati quadri, che sono per le case de’ gentiluomini” sottolineando così l’apprezzamento delle prove di Schiavone – che si adoperava anche nei formati minori da fregio e da cassone – tra le mura dei palazzi veneziani.
Nel Sei e Settecento la fortuna collezionistica del Meldola si spinge anche oltre i confini veneziani. Lepolodo De’ Medici nel 1654 acquista un quadro “grande” di Schiavone identificato con il “Caino e Abele” della Galleria palatina – esposto al Museo Correr – ammirato per il “terribile colorito che fa stupire” e Leopoldo Guglielmo d’Asburgo vanta nelle sue collezioni numerose sue opere, oggi in gran parte confluite al Kunsthistorishes Museum di Vienna che a questo eccezionale evento ha prestato ben sei dipinti dell’artista.
Tra i principali collezionisti di Schiavone in quegli anni ci sono anche due mercanti: Bartolomeo Dalla Nave, amico di artisti e a capo di una fiorente bottega di colori – che pare avesse comprato opere di Schiavone anche dallo scultore Alessandro Vittoria, collega, amico e collezionista del dalmata – e Jan Rynes, ricco olandese stabilitosi a Venezia nel 1652.
Si può continuare. Schiavone, insieme a Tintoretto, risulta l’artista del Cinquecento veneto più rappresentato anche nella collezione personale di Francesco Algarotti che, come consulente di Augusto III di Sassonia, chiamato a completare il museo di Dresda, procura un imponente “Giove fanciullo in mezzo alle Grazie” riconosciuto solo recentemente nell’ “Infanzia di Giove” in collezione Earl of Wemyss.
Esposto per la prima volta in Scozia nel 2004, il dipinto sarà un’altra presenza eccezionale in mostra, ove non mancheranno neppure le due telette della National Gallery di Londra, “Arcade” e “Giove che seduce Callisto”, provenienti dalla raccolta privata di Algarotti, esposte insieme alla parte centrale del fregio o del cassone al quale probabilmente appartenevano – raffigurante “Diana e Callisto” – prestata dal Musée de Picardie di Amiens.
Il mito del Rinascimento veneziano trova dunque un altro grande protagonista, che in Laguna porta una pittura nuova e audace, fatta di colore, luce e movimento; una pittura a tratti “informale”, che sorprenderà Tiziano, anticiperà Rembrandt e intuirà alcune scoperte della più alta pittura del Novecento.