Fin dall’Ottocento gli affreschi subiscono vari interventi di restauro pittorico, per far fronte ai problemi derivanti dalle offese del clima umido e salmastro, da assestamenti e cedimenti della struttura architettonica della villa e dalle diverse condizioni in cui era avvenuta la loro esecuzione. Una serie di fotografie ne documenta lo stato di conservazione nel 1906, subito prima dello strappo. L’operazione, assai difficile per la complessità e per le particolari condizioni dell’insieme, lascia sugli affreschi segni importanti: crettature, cadute di materia pittorica, perdite d’intonaco… I successivi interventi , tra il 1968 e il 1972, comportano la sostituzione di alcuni supporti in legno e di alcune tele, anche con l’utilizzo di colle sintetiche, oltre ad una revisione del restauro pittorico operato nel 1906.
Lo strappo. Che cos’è lo strappo? È una delle possibili tecniche per rimuovere un affresco dalla sua collocazione originaria. É il metodo di rimozione più moderno, in uso fin dall’Ottocento. A differenza dello stacco , che prevede l’asporto dell’intonaco o addirittura – nello stacco “a massello”- di porzioni di muratura, esso comporta la rimozione della sola pellicola pittorica dell’affresco, cioè del sottilissimo strato di calcare colorato formatosi dalla carbonatazione della calce che costituiva il legante della malta con cui è stato fatto l’intonaco.
Fasi dello strappo
1. Sulla superficie dell’affresco vengono applicate, mediante colla reversibile, tele sottili ma resistenti. Essiccata completamente la colla, si ottiene una coesione tra le tele e il colore maggiore di quella tra lo stesso colore e il supporto originario.
2. A questo punto le tele vengono staccate a strappo. Su di esse resta attaccato un sottile strato dell’intonaco dipinto. Può accadere – e a Zianigo in alcuni casi è successo – che di esso rimanga sul muro traccia evidente (si tratta del cosiddetto “secondo strappo”).
3. Lo strato di intonaco strappato viene reso impermeabile.
4. Sul retro dell’affresco viene incollata un’ulteriore tela di ancoraggio.
5. Le tele incollate sulla superficie dipinta vengono rimosse con un appropriato solvente.
6. L’affresco strappato può ora essere intelaiato o montato su pannello rigido.
Il restauro attuale
Le analisi scientifiche
Un affresco, che in sintesi è costituito dal muro come supporto e dall’intonaco come parte integrante dello strato pittorico, diviene, con lo strappo, qualcosa di molto complesso e non più riconducile ad alcun modello di tecnica pittorica. L’acquisizione della conoscenza dei materiali costituisce pertanto un nuovo, necessario e responsabile punto di partenza per ogni successivo intervento di restauro. Prima di intervenire, è stata quindi commissionata alla Fondazione Cesare Gnudi di Bologna – Istituto di Diagnostica e Sperimentazione per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali, un’indagine scientifica a partire da alcuni prelievi di materia pittorica. Sono state impiegate analisi strumentali e reazioni microanalitiche: osservazioni ed esami al microscopio ottico in luce bianca e in ultravioletto per l’esame della fluorescenza; osservazione ed esami al microscopio elettronico a scansione (SEM) equipaggiato con sistema EDS, spettrofotometria infrarossa, test istochimici. Particolare attenzione è stata rivolta alla verifica degli esiti dei passati restauri che, attraverso l’introduzione di nuovi elementi (supporti, fissativi, ritocchi, ecc.), hanno profondamente cambiato la natura materica degli affreschi originali e la loro risposta alle sollecitazioni ambientali .
Le fasi dell’intervento
Ampiamente documentate dal filmato proposto in mostra, esse possono essere così schematizzate:
1. Pulitura dell’affresco dallo sporco di superficie, che viene eliminato con una spugna imbevuta in acqua tiepida.
2. Trattamento con un doppio strato di carta giapponese di protezione, fissata con bicarbonato di ammonio al 15 % steso a pennello. Questa operazione è necessaria per rimuovere i residui di un fissativo a latte apposto in occasione dello strappo del 1906, che, alterandosi, ha creato una pellicola scura e favorito la creazione di colonie di microrganismi.
3. Risciacquo della superficie dipinta con acqua distillata fredda; in questo modo, oltre alla pellicola alterata, sono rimosse tutte le ridipinture aggiunte nel corso dei precedenti restauri.
4. Prefissaggio e protezione della parte dipinta con l’applicazione in superficie, mediante colla animale, di uno strato di tela di cotonina che, asciugandosi, provoca una prima tensione dell’affresco.
5. A tela asciutta, separazione dal vecchio telaio di legno.
6. Sfoderatura del retro dell’affresco dalle vecchie tele di canapa e di cotonina, che, in occasione dello strappo, erano state incollate con caseinato di calcio.
7. Rimozione dal retro degli affreschi di tutti i residui di caseinato di calcio, che col tempo si era separato dalla pellicola pittorica indebolendo la superficie dipinta ed esponendola al rischio di cadute di colore.
8. Completamento della pulitura del retro
9. Applicazione di nuove tele di cotonina con una resina acrilica a solvente caricata con silice.
10. Applicazione di tele di canapa con caseato di calcio elasticizzato per stabilizzare definitivamente la struttura del nuovo supporto. L’operazione viene eseguita in modo particolarmente accurato, per evitare la formazione di bolle d’aria che possono causare cadute di colore dalla superficie dipinta.
11. Inchiodatura della tela stesa per ultima lungo il bordo dell’affresco, in modo da ottenere una seconda tensione di tutta la superficie dipinta al momento dell’asciugatura.
12. A tele asciutte, eliminazione di quelle poste all’inizio a protezione della superficie dipinta, mediante successive applicazioni di acqua fredda e calda. L’operazione è ripetuta per evitare che rimangano residui di colla sulla superficie dipinta. Vengono così asportati anche eventuali residui di sporco ed i vecchi rifacimenti.
13. Asciugatura dell’affresco su nuovo supporto in alluminio anodizzato. Ciò provoca una terza fase di tensione della superficie.
14. Applicazione sul retro dell’affresco di un foglio di frigolit di 2 mm di spessore. Questo materiale è indispensabile per garantire la reversibilità dell’operazione.
15. Montaggio sul telaio.
16. Applicazione, sul retro, di una resina epossidica caricata di quarzite che, filtrando dalla rete del telaio, rende maggiormente compatta la superficie dipinta.
17. Prima della catalizzazione della resina, caricamento, sul retro del telaio, di pesi di 25 kg l’uno, per far aderire perfettamente al nuovo supporto la superficie dipinta, ed evitare stirature e pressioni.
18. Restauro pittorico dell’opera. Le zone neutre sono ricostruite con polvere di calcare unita a resina acrilica emulsionata; l’intervento finale viene eseguito ad acquerello intervenendo sulle lacune con il criterio della scomposizione cromatica.
Fissaggio di superficie con resina acrilica diluita allo 0,015%.