Vero e proprio unicum nella storia della rappresentazione della città, la veduta – intagliata su sei matrici in legno di pero e stampata su altrettanti fogli – è stata lungamente studiata sia per arrivare a stabilirne la paternità ideativa ed esecutiva, sia per cercare di individuare la tecnica attraverso la quale è stato possibile eseguire lo straordinario rilievo e disegno. Tradizionalmente attribuita a Albrecht Dürer, la veduta venne ritenuta piuttosto opera di Jacopo de’ Barbari nel secolo scorso e da allora la sua paternità è stata quasi concordemente accettata. L’attribuzione si basa soprattutto su elementi stilistici: le affinità tra l’opera grafica conosciuta di de’ Barbari e le raffigurazioni dei venti, nonché la presenza del caduceo impugnato da Mercurio che, oltre ad essere l’attributo del dio, è anche l’emblema spesso introdotto, come firma, in molte opere dell’artista. E’ indubbio inoltre che le poche notizie che si hanno su Jacopo, che è attivo inizialmente a Venezia ma poi alla corte dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, suffragano l’ipotesi di uno stretto contatto tra l’artista e l’ambiente artistico d’oltralpe, di cui faceva parte Anton Kolb, il ricco mercante tedesco editore della veduta. Della veduta si conoscono tre stati (di cui il secondo con due varianti): il primo, compiuto nel 1500, raffigura il campanile di San Marco con un tetto a padiglione di tavole e tegole, conseguenza dei danni subiti a seguito del fulmine che si era abbattuto nel 1489; nel secondo, la cui prima versione fu probabilmente realizzata già per celebrare il rifacimento della cuspide del campanile avvenuto dopo il terremoto del 1511 e completato nel 1514, esso è raffigurato con cuspide piramidale e angelo sulla cima, mentre la data M.D. è stata sostituita da un tassello non datato (una successiva tiratura presenta un tratteggio nella parte lasciata bianca dalla data); il terzo stato invece fu realizzato con l’intenzione di ripristinare la versione originale e infatti in tal senso le matrici in legno subirono nuovi interventi con il reinserimento della data M.D. e della copertura ribassata per il campanile, ma furono lasciati inalterati la loggia campanaria e l’angelo che sovrastava la cuspide. Di questo terzo e ultimo stato sono state fatte tirature anche nel secolo scorso, ma le condizioni deteriorate dei legni sono evidenti nelle tracce lasciate sui fogli e soprattutto nei punti di congiunzione tra un foglio e l’altro.