Museo Correr

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L’AVVENTURA DEL VETRO. Un millennio d’arte veneziana

Il Seicento

Dal 1660 fino alla fine della Repubblica di Venezia, i padroni delle fornaci muranesi ebbero l’obbligo di dare lavoro a tutti i maestri validi, o comunque di dare a quelli che non riuscivano ad impiegare, un assegno di disoccupazione. Un particolare ufficio, detto del “comparto” (cioè della “suddivisione”), formato dai rappresentanti dei padroni e dei maestri, ebbe l’incarico di suddividere le maestranze in esubero in maniera equa tra le diverse fornaci, tenendo conto delle dimensioni di queste e del numero di maestri già accordati direttamente dai padroni. Ogni anno esso doveva presentare l’elenco per ogni tipo di lavorazione, cioè “cristalli”, “lastre”, “canna” (da un certo momento anche “smalti”), del numero di fornaci col nome dei padroni, del numero di crogioli e di maestri , sia accordati che imposti (con tutti i nomi). I primi elenchi a noi pervenuti sono, salvo errore, degli anni 1678-79, 1679-80, 1680-81 e costituiscono una fotografia dell’attività vetraria a Murano in quel periodo.

Nel XVII secolo in tutte le vetrerie d’Europa, iniziò il declino della “façon de Venise, cioè dell’influenza esercitata dal vetro veneziano come modello di stile internazionale. L’arte vetraria di questo periodo fu testimone della nascita di differenti e caratteristiche nazionali, e il predominio nella produzione passò dall’Europa meridionale a quella settentrionale. Vari fattori, sia sociali che storici, favorirono tali cambiamenti: l’ascesa del Protestantesimo e di una prosperosa classe “cittadina” nei Paesi Bassi, nonché il declino del potere papale e la relativa minore importanza politica dell’Italia, che nel corso del secolo perse la sua funzione di guida.

Il vetro era stato da sempre un mezzo per la realizzazione di elaborate e fantasiose opere d’arte, spesso con funzioni pratiche molto limitate e di struttura delicata che rendeva minime le possibilità di una intatta conservazione nel tempo. In questo periodo nacque l’esigenza di conciliare le esigenze estetiche con le funzioni pratiche e si produssero oggetti robusti e nello stesso tempo soddisfacenti da un punto di vista formale, grazie a una molteplicità di tecniche decorative.

Gli abili maestri vetrai muranesi, che impiegavano in questo secolo tecniche già note, introdussero motivi decorativi nuovi ed elaborati e forme talvolta bizzarre. I caratteri specifici dei vetri prodotti a Murano rispecchiano le tendenze del gusto barocco, che abbracciano ogni tipo di manifestazione artistica. I vetri diventarono espressione della libera fantasia dell’artista, che cercava soprattutto effetti illusionistici, e l’oggetto non venne più concepito in funzione del suo uso. Spesso accadeva, infatti, che l’originalità della forma e la ricchezza della decorazione rendessero gli oggetti difficili da maneggiare.

L’emigrazione dei vetrai muranesi, già verificatasi nel Cinquecento, si accentuò nonostante le severe leggi della Serenissima Repubblica. La Francia, le Fiandre, l’Olanda, l’Inghilterra, la Germania, l’Austria, la Danimarca e, in Oriente, la Persia e l’isola di Cipro, erano le mete più ambite per i lauti guadagni che offrivano. Nel Seicento manifesteranno una decisa preferenza per le ricche decorazioni con creste, volute e applicazioni di altro tipo, soprattutto nei grandi calici. Tali emigrazioni provocarono uno stato di disagio che i produttori muranesi non mancarono di denunciare alle autorità, che emanarono una lunga serie di decreti per limitare l’importazione di vetro straniero, proveniente da manifatture estere nate grazie al contributo dei maestri veneziani emigrati.

La peste del 1630 e la conseguente mancanza di manodopera, costrinsero i produttori di fornaci ad entrare in società con forestieri e, vent’anni più tardi, la crisi economica portò i maestri vetrai a chiedere la partecipazione di capitali non muranesi per la gestione delle fornaci. Nel resto dell’Europa la proliferazione della Façon de Venis è testimoniata dai famosissimi verres à serpent, grandi calici con lo stelo costituito da un filo vitreo a forma di serpente intrecciato in un complesso groviglio, prodotti nei Paesi Bassi, a Liegi, a Bruxelles, in Olanda, in Germania e altrove.