Verso la fine del 1400, quando le perle veneziane arrivarono in Africa occidentale, non costituivano una novità, anzi, facevano parte della continuazione di tradizioni millenarie, legate alle usanze tribali, alle cerimonie religiose ed ai riti magici propiziatori, di cui si hanno testimonianze che si perdono letteralmente nella notte dei tempi. Naturalmente esistono testimonianze di riti apotropaici e taumaturgici legati all’uso di antiche perle di vetro anche in Europa, nel Medio Evo.
Perle sahariane. In diverse località del deserto del Sahara, tra Mauritania, Algeria, Mali e Niger, affiorano perle di corniola, agata, quarzo ed amazzonite, anche di pregevole fattura, legate alla presenza di popolazioni di allevatori e coltivatori ai tempi del Sahara umido, tra il 10.000 ed il 2.500 a.C., presenze testimoniate e descritte nelle migliaia di pitture rupestri ritrovate nei ripari sotto roccia delle regioni montuose del deserto algerino, libico, nigerino e ciadiano.
Il periodo dei grandi imperi. A partire dal VI-VII secolo della nostra era avvengono migrazioni da oriente verso occidente che mettono in contatto popolazioni nilotiche con le genti che avevano abbandonato il Sahara a causa della desertificazione, e che si erano insediate lungo le rive del fiume Niger. Dopo il XII secolo gli arabi, che avevano islamizzato le coste meridionali del mediterraneo, iniziarono la loro penetrazione verso sud, attratti anche dalle ricchezze degli Imperi Sudanesi* in oro e sale. A conversione avvenuta, gli scambi commerciali tra il mediterraneo ed il sud del Sahara assumono proporzioni importanti e merci mediorientali ed europee, tra cui le perle di vetro, vengono scambiate in grande quantità con oro, avorio, sale e schiavi. Ecco perché nelle tombe relative a questo periodo, in Mali, Mauritania e Niger, affiorano perle in vetro provenienti da Libano, Siria, Iraq, India ed Europa continentale, arrivate in questi luoghi attraverso le vie della seta, dell’ambra e dell’oro.
La Serenissima. La Serenissima in questo risiko internazionale si inserisce verso la fine del 1400 rifornendo con le proprie merci i fondachi di Costantinopoli, Alessandria, Tripoli e Tlemcen (Algeria) da dove, con le carovane transahariane, arriveranno a destinazione presso le corti dei più importanti reami africani. Testimoniano questi scambi commerciali tra Venezia, il Medio Oriente e l’Africa settentrionale i carichi dei numerosi relitti di mercantili veneziani naufragati lungo le coste dalmate e croate tra il XV ed il XVII secolo costituiti da vetri da finestra, bicchieri, piatti, vasi e perle di vetro prodotti principalmente sull’isola di Murano.
Il periodo coloniale. La scoperta dell’America sconvolgerà questo scenario ed i commerci transahariani saranno sostituiti dai traffici marittimi transoceanici, i committenti saranno gli inglesi, gli olandesi, spagnoli e portoghesi ed i luoghi di destinazione non più le città sahariane di Tombouctou, Walata, Gao, ma le sedi dei Regni del Golfo di Guinea in Ghana, Togo e Nigeria. L’oro sudanese, non più competitivo, verrà sostituito da olio di palma, avorio anche lavorato ma soprattutto schiavi per le colonie d’oltre oceano. Il carico del mercantile di Gnalic è la prova che comunque i traffici marittimi della Serenissima continuarono anche dopo la scoperta dell’America e – grazie alla capacità diplomatica di Venezia di stipulare contratti commerciali con i sultani di Costantinopoli e della costa meridionale del mediterraneo – continuarono a trasportare le loro merci nei porti dell’Africa settentrionale. Il grande successo dell’industria vetraria veneziana dipese anche e soprattutto dalla grande capacità di adattare la produzione alla domanda adeguandosi ai gusti ed alle esigenze dei mercati di destinazione, così differenziati tra di loro. Si calcola che le tipologie di perle, prodotte a Venezia per l’esportazione in Africa ed oltreoceano, superassero le 100.000 e nel suo massimo splendore la produzione complessiva delle ventidue più importanti vetrerie muranesi era di 19.000 kg di perle a settimana.
I Krobo. Verso la metà del XX secolo con la fine del periodo coloniale europeo in Africa, le fortune commerciali dei vetri di Venezia cominciarono a segnare il passo. Le perle veneziane, che avevano raccolto il testimone delle perle islamiche, replicandone i motivi ed i colori indispensabili alla tradizione tribale-religiosa africana, divennero a loro volta rare ed introvabili per cui iniziò, o meglio si intensificò, una produzione locale di perle in vetro “riciclato”, in Ghana presso i Krobo, che ripropose gli stessi archetipi della produzione islamica e veneziana, così richiesti dalle varie etnie dell’Africa occidentale e non solo.
* Il Sudan per gli arabi era il territorio corrispondente all’attuale Africa Occidentale.