Museo Correr

Museo Correr

ENZO CUCCHI.

Enzo Cucchi

Enzo Cucchi nasce nel 1949 a Morro D’Alba (Ancona). Pittore autodidatta, riceve già nei primi anni di attività numerosi riconoscimenti, sebbene all’epoca i suoi interessi siano maggiormente orientati verso la poesia, come testimoniano i frequenti incontri con il poeta Mino De Angelis, della rivista Tau. La piccola casa editrice La Nuova Foglio di Macerata – che pubblica scritti di artisti, tra cui il suo Il veleno è stato sollevato e trasportato, 1976 – è il tramite attraverso il quale conosce Achille Bonito Oliva, che giocherà un ruolo fondamentale nella sua carriera. Frequenti viaggi a Roma a metà degli anni ’70 risvegliano in lui l’interesse per l’arte visiva: ad essa si dedica completamente, accantonando la poesia, dopo il trasferimento nella Capitale. Qui entra in contatto con diversi artisti come Sandro Chia, Francesco Clemente, Mimmo Paladino e Nicola de Maria, con cui comincia a lavorare a stretto contatto stabilendo un forte rapporto intellettuale. Achille Bonito Oliva è il primo a individuare questa nuova generazione di artisti italiani degli anni ’70 come gruppo e conia per loro il temine Transavanguardia (apparso per la prima volta nella rivista “Flash Art”, n° 92-93 del 1979). La nascita ufficiale della Transavanguardia avviene alla Biennale di Venezia del 1980. Il termine vuole indicare l’arte di questa nuova generazione in seguito e in opposizione a quella che era stata l’Avanguardia degli anni ’60. Questi artisti non cercano più di creare disagio nello spettatore con tutti i mezzi possibili e di spingerlo ad andare oltre l’opera per comprenderla appieno. Non seguono quell’incessante ricerca di novità che non consentiva alcuna considerazione delle tradizioni del passato né di escogitare un linguaggio con cui affermare i propri orientamenti, in opposizione al sistema politico o di potere dominante e a valori sociali decrepiti. I membri della Transavanguardia possono non avere nulla in comune (eccezion fatta, ovviamente, per il paese d’origine) dal momento che ogni artista ha un proprio metodo di lavoro e non ci sono regole né forme espressive obbligatorie. Ciò nonostante possiamo trovare elementi unificanti come, ad esempio, i motivi d’ispirazione tratti da una realtà possibile e l’uso libero di passato e presente senza preclusioni ma con riferimenti aperti a tutte le direzioni, senza costrizioni od obblighi di inventare qualcosa di nuovo. Ogni artista ha trovato autonomamente a propria strada per creare immagini/opere come cifre di un sistema simbolico aperto, enigmi con una o più soluzioni. Cucchi radicalizza la pratica pittorica, prendendo la pittura come opportunità per accumulare e combinare diversi elementi, figurativi e astratti, espliciti e allusivi. Sviluppa un suo codice simbolico con forme suggestive per lo più legate in qualche modo al paesaggio, alle leggende e alle tradizioni della sua zona d’origine , ma che si esprimono anche attraverso una straordinaria ricchezza di colori. Ecco che dunque alcune opere possono evocare antichi miti e leggende, ma Cucchi li usa solo per esprimere sue sensazioni e immaginazioni. L’artista trae forza evocativa dalla natura, dalla storia e dalla cultura, che mostra in giocosa relazione col mondo attuale, usando “simboli” come un treno o un transatlantico e impiegando il colore come idea, espansione e gesto piuttosto che come sensazione pittorica. Cucchi concede alla sua immagine totale libertà di movimento in tutte le direzioni. Evocando stupore e confusione, l’artista non mira a classificare, valutare o dimostrare qualcosa: al contrario, il suo linguaggio pittorico può piuttosto essere posto in relazione solo con i suoi desideri, sogni e speranze, mentre nello stesso tempo si confronta con lo slancio verso l’anonimato e l’impersonalità. Le sue opere sono spesso accompagnate da poesie, alcune delle quali sono state pubblicate. Alla fine degli anni ’70, i lavori più originali di Cucchi si stagliano potentemente in una scena dominata dall’arte concettuale. Mario Diacono, critico e mercante d’arte, crede in lui ed espone sue opere in Italia e negli Stati Uniti. Dal 1979 Cucchi instaura un rapporto di collaborazione con il gallerista modenese Emilio Mazzoli, tra il 1981 e il 1985 con Gian Enzo Sperone, che espone spesso i suoi lavori nelle gallerie di Roma e New York, e , dal 1981, con Bruno Bischofberger a Zurigo, che lo rappresenta tuttora. Mentre il suo espressionismo sperimentale si afferma sulla scena internazionale, egli inizia ad ampliare la gamma delle tecniche dipingendo o disegnando direttamente su muro, utilizzando ceramica, mosaico o immagini dipinte come parti di sculture o attraverso la libera creazione di installazioni. Dall’inizio degli anni ’80, i riconoscimenti internazionali si susseguono. A parte le numerose esposizioni del gruppo della Transavanguardia, gli vengono dedicate mostre monografiche in gallerie, musei e spazi culturali di tutto il mondo. I vari interessi lo portarono oltre la semplice esposizione. Esegue sculture all’aperto per il Brueglinger Park di Basilea nel 1984 , per il Louisiana Museum di Humblebaek in Danimerca nel 1985, una fontana per il giardino del Museo d’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nel 1988 e la Fontana d’Italia alla York University di Toronto. Tra il 1992 e il 1994 collabora con l’architetto Mario Botta alla costruzione della cappella sul Monte Tamaro, vicino a Lugano (Svizzera), dove progetta gli interni della struttura, in particolare l’altare maggiore e la decorazione murale per l’abside e la navata. Intrattiene uno stretto rapporto e un proficuo scambio con poeti e scrittori come Paolo Volponi, Goffredo Parise, Giovanni Testori, Ruggero Guarini, Alberto Boatto e Paul Evangelisti: lui illustra loro libri e loro scrivono sulla sua arte. Attivo anche nel campo della scenografia, disegna costumi e scene per produzioni come La Bottega Fantastica di Rossini e Respighi al Rossini Opera Festival di Pesaro e Penthesilea di Heinrich von Kleist, entrambi nel 1986, Tosca di Puccini al Teatro dell’Opera di Roma, dal 1990 al 1991, Funeral of the Moon di Pennisi a Ghibellina nel 1991 e un adattamento dell’ Elogio della follia di Erasmo nel 1992. Nel 1996 disegna il sipario per il Teatro la Fenice a Senigallia. Oggi Enzo Cucchi vive e lavora a Roma e ad Ancona, luoghi di ispirazione per molteplici soggetti del suo lavoro.