L’immagine antica del territorio attraverso la cartografia storica è proposta in una sequenza cronologico-tematica, da alcuni notissimi “Monumenta Italiae cartografica”quattrocenteschi, alla presentazione di strumenti e trattatistica, in una sorta di idealegabinetto del cartografo. Portolani e isolari rievocano le vie del mare per traffici, commerci ed esplorazioni, seguite dalla narrazione de la penetrazione fondiaria in terraferma e l’amministrazione del patrimonio. Vengono inoltre presentate, quale esempio insuperato di cartografia per il governo politico, le cinque grandi mappe di Cristoforo Sorte sullo Stato da terra veneziano. Successivi capitoli trattano della cartografia prodotta dai secolari cimenti di governo delle acque, sia per quanto riguarda la laguna, le opere di difesa a mare e i fiumi gravitanti sul bacino lagunare, sia a proposito di bonifiche, irrigazioni, e utilizzo delle acque in svariati opifici. La cartografia per la guerra e la difesa – fortezze, rappresentazioni di battaglie -, quella prodotta per il controllo della sanità, per la gestione della viabilità di terra e per il governo delle emergenze naturali quali alluvioni e inondazioni, scandiscono in ulteriori capitoli figurativi il tema della cartografia per il governo del territorio. Conclude infine la sezione un cenno – sofisticato e allusivo – sulla cartografia per l’erudizione e la storia, per l’archeologia, per il mito.
Monumenta Italiae cartografica, sec. XV. Le tre pergamene manoscritte esposte in questa sala sono esemplari importanti e preziosi – monumenti, dunque – di un modo di disegnare carte di cui ci rimangono, per la loro epoca, pochi testimoni. Non hanno origini comuni, se non, genericamente, l’area veneta e il periodo, cioè la metà del XV secolo (il che fa di esse le contemporanee della grande mappamundi di fra’ Mauro); ma sono state accostate perché illustrano tre livelli della rappresentazione degli spazi regionali, nella forma già nota a quel tempo, grazie all’inquadramento teorico fornito dal primo libro della Geografia di Tolomeo (II sec.), con il nome di corografia. A differenza della carta geografica, che è basata sulle coordinate ed è un’applicazione della matematica, scrive Tolomeo, la corografia non richiede altra arte che quella del disegno. Per gli antichi, e ancora nel XV secolo, la corografia era una delle pratiche dell’arte della pittura; e nulla la distingueva, come sistema di rappresentazione, da una descrizione scritta.
Cartografia per il governo: lo stato da terra. Le cinque grandi tavole qui riunite rappresentano il territorio della Repubblica di Venezia dal confine lombardo fino al Friuli.
Autore ne è il maggior cartografo italiano del Cinquecento, il veronese Crostoforo Sorte, che fu anche pittore e architetto. L’incarico per quest’opera colossale fu conferito al Sorte dai Provveditori sopra la fabbrica di Palazzo ducale, che stavano curando i radicali restauri del Palazzo dopo il devastante incendio del 1576. Tenute segrete per ragioni di sicurezza e conservate arrotolate in un apposito ripostiglio a muro tra la sala del Senato e la Chiesetta, la mappe furono successivamente disperse e si trovano oggi conservate a Venezia (Museo Correr e collezione privata) e a Vienna. Capolavoro della cartografia cinquecentesca, le mappe di Cristoforo Sorte presentano il territorio della Repubblica con grande efficacia documentaria e con effetti fortemente scenografici, specie nella resa dei rilievi e della complessa rete idrografica.
Le vie del mare sec. XIV-XVI. Pietro Vesconte, Atlante nautico, 1318. Otto tavolette, pergamena incollata su legno, inchiostro, colori ad acquarello (Venezia, Civico Museo Correr, Portolano 28). L’atlante, che faceva parte della collezione di Teodoro Correr lasciata alla città di Venezia nel 1830, è uno dei più antichi documenti di cartografia nautica. L’opera si compone di sei carte nautiche e un calendario astronomico circolare delineati su pergamena.
Le vie del mare sec. XIV- XVII. Sono raccolte in questa sala, alcune delle carte nautiche e degli atlanti appartenenti alla ricca collezione del Museo Correr, opere che costituiscono nel loro complesso una rassegna pressoché completa delle diverse scuole cartografiche che furono attive nell’area del Mediterraneo. Documenti raffinati, destinati al collezionismo e allo studio, non molto dissimili da quelli che venivano usati a bordo delle navi commerciali e militari, consultati con l’ausilio degli strumenti nautici per stabilire rotte, per progettare itinerari, per fissare punti d’approdo e di rifornimento lungo le vie del mare. Il fitto reticolo, che costituisce il comune denominatore grafico di queste rappresentazioni, è formato dal prolungamento dei raggi di una rosa dei venti, posta al centro, che si intersecano con quelli di altre sedici rose collocate ai bordi della carta. La ragione di quest’artifizio grafico deriva dal fatto che il cartografo nautico non poteva disporre nella rappresentazione delle vaste aree marine di una continua verifica di punti di riferimento geografico come nella cartografia terrestre e non era ancora in grado, in quell’epoca, di governare il sistema di coordinate geografiche. Era dunque costretto ad ingabbiare lo spazio marino in questo reticolo di riferimento del tutto empirico, ma efficace, che permetteva ai naviganti di orientarsi con l’aiuto della bussola anche in assenza di visibilità, durante la navigazione notturna e nelle tratte in mare aperto. Il linguaggio del cartografo nautico, più legato alla funzionalità del prodotto piuttosto che alla sua scientificità, lasciava comunque, nel rispetto di una simbologia comune consolidata dalla tradizione, spazio alla libertà d’espressione negli apparati decorativi che connotano e differenziano gli stili delle diverse scuole.
Gli strumenti del topografo sec. XVII-XVIII. Nel corso del Rinascimento i ‘ritratti’ di città e le rappresentazioni corografiche divennero emblemi del potere politico, commerciale e militare, elegantemente sfoggiati nelle corti europee attraverso splendide decorazioni murali, libri di cosmografia, e collezioni di strumenti scientifici. La cartografia divenne cioè uno dei temi celebrativi che in quel periodo storico delineavano il ritratto ideale del principe o del sovrano. Molti strumenti topografici, spesso accompagnati da libri che ne descrivevano le operazioni, furono appositamente inventati e costruiti per le collezioni principesche. La letteratura tecnico-scientifica del Rinascimento è ricca di esempi a questo proposito ma l’impegno di tecnici e matematici rispondeva prima di tutto a precise esigenze ‘descrittive’ imposte dallo svolgimento dei problemi pratici, nella navigazione oceanica, nel commercio, nelle campagne militari, o nell’amministrazione dei territori. La corretta ‘descrizione’ dei luoghi dipendeva essenzialmente da due operazioni che i nuovi strumenti topografici erano chiamati a svolgere con la massima precisione, ossia la misura delle distanze e la tecnica di rappresentazione.
Le proprietà in terra ferma: l’amministrazione del patrimonio. A differenza da quella prodotta da una magistratura o un ufficio, che tende a rappresentare il territorio per motivi di governo politico o di amministrazione – gestione delle acque, delle bonifiche, dei boschi, dei beni demaniali, della viabilità, del fisco, della sanità, della difesa – l’obiettivo della cartografia a committenza privata o ecclesiastica riguarda prevalentemente il controllo e la gestione del patrimonio fondiario e delle rendite, la manutenzione e l’organizzazione della proprietà, i passaggi di titolarità giuridica – compravendite, permute, divisioni -, le controversie giudiziarie inerenti la sua appartenenza, la tutela dei diritti in materia di confini, di acque e di viabilità.
Le proprietà in terra ferma: l’amministrazione del patrimonio. Nella cartografia riguardante le private proprietà la grande tavola cartografica lascia talora il posto a più ridotte pagine, intestate alle specifiche località ove uno o più appezzamenti sono ubicati, e ove pure è rappresentata la villa o il palazzo dominicale. Spesso le mappe sono raccolte, quasi ricapitolate, nella forma del catastico, registro dei beni e del patrimonio impostato secondo criteri interni ricorrenti, e collegato nelle descrizioni di superfici e rendite con i restanti registri amministrativi e contabili dell’azienda familiare o monastica, o con i più generali catastici delle scritture dell’intero fondo archivistico. Il catastico assume spesso, in questi casi, anche una funzione di rappresentazione encomiastica del patrimonio e delle fortune del casato o dell’istituto che lo ha commissionato: come testimoniano l’aulicità architettonica dei suoi frontespizi o gli elementi decorativi dell’intero registro o delle singole mappe.
La gestione delle acque: lagune, fiumi, difese a mare. Città costruita sulle acque, in delicato equilibrio fra la terra e il mare, Venezia diede vita fin dalle sue origini ad un secolare cimento per la manutenzione della laguna, per la gestione dei corsi d’acqua su di essa gravitanti, per la difesa dei tenui tratti dei lidi verso il mare. Sedimentata prevalentemente nell’archivio e nella ricca cartografia dei Savi ed esecutori alle acque, questa vicenda appassionante e controversa viene rievocata, assieme ad alcuni dei suoi principali protagonisti quali il proto alle acque Cristoforo Sabbadino, attraverso gli echi suggestivi di alcune splendide mappe di provenienza museale, bibliotecaria e nuovamente privata: in un dialogo documentario che si arricchisce di imprevedibili inediti e di illuminanti riproposizioni.
La gestione delle acque: bonifiche irrigazioni, opifici. Fra le più impegnative funzioni di governo del territorio vi è certamente quella della gestione delle acque fluviali collegata a grandi opere di bonifica e di irrigazione finalizzate alla messa a coltura delle campagne di terraferma, anche tramite la promozione di consorzi, o a concessioni di acque demaniali per usi privati, sia agricoli che legati al funzionamento di manufatti industriali quali mulini, folli, battirame. Nella Repubblica di Venezia provvide a questi compiti dal 1556 un apposito ufficio, i Provveditori sopra beni inculti . Fra gli strumenti di amministrazione della delicata materia la cartografia assume un ruolo di rilevo: sia nel raffigurare ampie estensioni di territorio su cui i Provveditori intendevano avviare ambiziose opere di risanamento ambientale, sia nel corredare le ricorrenti pratiche di concessioni di acque.
La difesa:fortificazioni e battaglie. Da sempre la cartografia è stata scienza e strumento al servizio del “mestiere delle armi”. Si tratta di una cartografia dai fini peculiari, che supera le più consuete finalità descrittive o topografiche per sposare lo specifico strategico e difensivo. Sono mappe spesso in grado di restituire la complessità di una realtà territoriale dinamica, dove la storia ha incrociato nei secoli genti e idiomi diversi e sulla quale hanno interagito tensioni e forze opposte, non di rado destinate a collidere. A volte si riferiscono a singoli progetti per fortezze da realizzare, più spesso ad ipotesi di aggiornamento edilizio con strutture difensive per fortezze o per interi nuclei urbani già esistenti per contrastare lo sviluppo delle nuove tecnologie offensive. La Repubblica di Venezia, anche quando non poteva più contare su una concreta potenzialità espansiva, mai smise di plasmare gli orizzonti del proprio dominio con progetti sempre ambiziosi, ma partendo da una preventiva, accurata conoscenza del territorio. Così per la difesa dell’Istmo di Corinto contro i Turchi, nel tardo Seicento, veniva ipotizzato lo scavo di un canale che separasse fisicamente il Peloponneso dal resto del continente ellenico. La cartografia si rivelava utile supporto anche nella ricostruzione di avvenimenti bellici: questo il caso delle mappe che si riferiscono all’assedio turco delle fortezze veneziane durante la guerra di Candia (1645-1669), che visualizzano la successione degli avvenimenti bellici e chiarificano le strategie militari.
Il controllo della sanità. Nella Repubblica di Venezia, l’organizzazione igienico-sanitaria ebbe un’evoluzione nel tempo, affinandosi e ramificandosi nel territorio, con la creazione di presidi e luoghi di cura e d’isolamento concentrati soprattutto nelle zone portuali, nelle aree di confine e lungo la rete viaria sotto l’autorità di delegati locali. I posti di blocco erano costituiti da “castelli” o più semplicemente da “restelli” costituiti da transenne, steccati o dissestamenti delle strade che venivano presidiati da armati. I presidi sanitari marittimi erano situati in lazzaretti costruiti lontano dai centri abitati dove imbarcazioni, uomini e merci venivano ospitati durante il periodo di quarantena. La politica sanitaria della Serenissima raggiunse un tale grado di efficienza da porsi come modello per altri stati esteri e le sue strutture continuarono ad essere attive anche durante la dominazione francese ed austriaca. Per meglio assolvere a criteri di sistematicità e rigore metodologico la politica sanitaria veneziana si avvaleva anche di mappe e disegni commissionati per rispondere a singole emergenze. La cartografia si rivelò così un utile supporto nella pianificazione e programmazione di interventi sul territorio. Per questa esigenza si assiste alla produzione non solo di singole piante di ospedali o lazzaretti ma anche di mappe di più ampio respiro che delineano i cordoni sanitari per uomini e animali dislocati in luoghi strategici e lontani dai grossi centri abitati.
Viabilità di terra: strade, comunicazioni,dogane/ Le emergenze naturali: alluvioni, inondazioni. Una vasta gamma di funzioni dell’amministrazione del territorio lascia rilevanti tracce nella cartografia, strumento progettuale per imprese riguardanti la viabilità e le comunicazioni, o raffigurazione preoccupata di calamità naturali da analizzare e cui porre repentino rimedio. Il linguaggio delle mappe, specie nel corso del XVIII secolo, si fa progressivamente più specialistico e formalizzato, raggiungendo livelli di grande qualità grafica e tecnica.
La cartografia per la storia, l’archeologia, l’erudizione, il mito. La rappresentazione del territorio, infine, rivendica per sé non solamente intenti politici o amministrativi, burocratici o patrimoniali. Nelle mappe si delineano, rievocandoli letterariamente, gli itinerari dei progenitori biblici e i viaggi degli arditi esploratori del passato. Una nuova sensibilità storiografica fa inopinatamente la sua apparizione, con l’insistita attenzione a resti archeologici pur entro un quadro di rilevazioni idrauliche. L’antica morfologia lagunare chiede di essere ricomposta, e nuovamente rappresentata per lo studio e l’erudizione. L’inquietudine della storia e la fascinazione del mito si affacciano e si espandono sui domini della cartografia.