Protagonista, con Tiziano e Tintoretto, della grande stagione artistica del Cinquecento veneziano, Paolo Veronese (1528-1588) nasce a Verona, figlio di Gabriele “spezapreda” (scalpellino) e di Caterina; dei genitori non è noto il cognome e il pittore si farà chiamare Caliari dal 1555. Tredicenne, nel 1541, entra a Verona nella bottega del pittore Antonio Badile e dieci anni dopo, nel 1551, risulta già in contatto con il patriziato veneziano: affresca infatti, grazie alla protezione dell’architetto Michele Sanmichieli, la villa Soranzo a Treville di Castelfranco (ora non più esistente). In questo stesso anno approda a Venezia, ove esegue, per la Chiesa di San Francesco della Vigna, la pala con la Madonna e Santi, mentre lavora a Vicenza e a Mantova, per il Duomo. A Venezia, la prima grande commissione gli viene dalla Signoria, per la quale decora, assieme al Ponchino e allo Zelotti, le tre sale del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale (Sala della Bussola, Sala del Consiglio dei Dieci, Sala dei Tre Capi): qui gli scorci possenti sullo sfondo di cieli aperti, i colori cangianti, la forza di sguardi e gesti sono tali da decretargli un successo immediato, che condurrà l’artista, pochi anni dopo, a entrare con tre tele nella grandiosa sala della Libreria Marciana, da poco ultimata da Sansovino. Dal 1555 è nel frattempo iniziata la prima parte della decorazione della chiesa di San Sebastiano (sacrestia, soffitto, parte del coro e delle pareti, l’organo e l’altar maggiore) che si conclude nel 1560 e testimonia la rivoluzione estetica di cui Veronese è portatore a Venezia: una colata di argenti e pietre preziose, liquida e luminosa, ma anche un disegno incisivo, dai forti effetti plastici. Gli anni sessanta lo vedono, tra l’altro, impegnato nel decoro di edifici palladiani: la villa dei fratelli Barbaro a Maser e, subito dopo (1562-63), il refettorio di San Giorgio Maggiore, ove esegue la grande tela con le Nozze di Cana , ora al Louvre. Tra il 1561 e il 1566 o realizza per la chiesa dell’Umiltà alle Zattere tre tele oggi riunite nella Cappella del Rosario a San Giovanni e Paolo. Grandi sono la stima e il consenso di cui gode l’artista, che esegue diverse opere di soggetto soprattutto religioso sia a Venezia che fuori.. Nel 1566, sposa Elena Badile, figlia del suo antico maestro, da cui avrà cinque figli, due dei quali, Carletto (1568) e Gabriele (1570) entreranno nella sua bottega. All’ampio periodo tra il 1565 e il 1580 appartengono molti dei capolavori: tra essi si segnalano le opere ora alle Gallerie dell’Accademia, tra cui il grandioso Convito in Casa Levi (1573) , concepito come Ultima cena per il convento dei santi Giovanni e Paolo, per il quale l’artista viene processato dall’Inquisizione e condannato ad apportare modifiche al dipinto, in odore di eresia (da qui il cambio del titolo, non più Ultima Cena, ma Convito). In quest’occasione Paolo, a sua difesa, dice che i pittori si prendono “licentia, che si pigliano i poeti et i matti” e che, di fronte a grandi spazi, aggiungono – a seconda delle necessità della composizione e quasi per riempire dei vuoti – figure a piacimento. Agli anni settanta risalgono la seconda fase della decorazione di San Sebastiano (i Martiri del presbiterio, 1570 c.) e le grandi Allegorie di Palazzo Ducale, realizzate dopo gli incendi del 1574 e del 1577, in particolare le strepitose opere per le sale del Collegio, dell’Anticollegio, del Maggior Consiglio. Qui, Veronese pittore di Stato dà forma sovrumana ai simboli della Repubblica e della gloria di Venezia con una sonorità polifonica. Dopo le ultime grandi realizzazioni per Palazzo Ducale, sembra chiudersi la parabola trionfale del pittore: le opere estreme si colorano di una patina crepuscolare, per presentare soprattutto temi patetici e un’intensa meditazione. Emblematica di questo periodo è l’ombrosa Adorazione dei Pastori di San Giuseppe di Castello. Nel 1587 consegna la sua ultima opera databile con certezza, la pala destinata alla chiesa veneziana di San Pantalon; il 19 aprile 1588 muore nella sua casa veneziana a San Samuele e viene sepolto nella chiesa di San Sebastiano.
Veronese a Venezia. Paolo giunge a Venezia a ventitre anni, nel 1551 e vi prende residenza nel 1555. Nel 1551 esegue la Madonna e Santi per la chiesa di San Francesco della Vigna; tra il 1553 e il 1555 partecipa alla decorazione delle tre sale del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale (Sala della Bussola, Sala del Consiglio dei X, Sala dei Tre Capi). Tra il 1556 e il 1557, sempre su incarico della Signoria, entra con tre tele nella grandiosa Sala della Libreria Marciana, da poco ultimata da Sansovino. Dal 1555 è nel frattempo iniziata la prima parte della decorazione della chiesa di San Sebastiano – sacrestia, soffitto, parte del coro e delle pareti, l’organo e l’altar maggiore – che si conclude nel 1560. Tra il 1561 e il 1566 realizza per la chiesa dell’Umiltà alle Zattere tre tele oggi riunite nella Cappella del Rosario a San Giovanni e Paolo. All’ampio periodo tra il 1565 e il 1580 appartengono molti dei capolavori: tra essi si segnalano le opere ora alle Gallerie dell’Accademia, tra cui il grandioso Convito in Casa Levi (1573). La seconda fase della decorazione di San Sebastiano risale agli inizi degli anni settanta – i Martirii del presbiterio, 1570 ca. , mentre, dopo gli incendi del 1574 e del 1577 di Palazzo Ducale, decora, dopo i restauri, le sale del Collegio, dell’Anticollegio, del Maggior Consiglio. Negli anni ’80, la sua produzione assume toni patetici e meditativi. Emblematica di questo periodo sono l’Adorazione dei Pastori di San Giuseppe di Castello e la pala destinata alla chiesa veneziana di San Pantalon, ultima opera databile con certezza, prima della morte, avvenuta a Venezia il 19 aprile 1588. Paolo è sepolto a San Sebastiano.