La Biblioteca Marciana fu costruita tra il 1537 e il 1554 su progetto di Jacopo Sansovino per ospitare la ricchissima raccolta di manoscritti e libri donati dal Cardinale Giovanni Bessarione alla Repubblica e come luogo di studio per l’élite intellettuale dello Stato: anch’essa fa dunque parte di quel progetto di riqualificazione dell’area marciana voluto dal doge Andrea Gritti volto ad esaltare il centro politico e religioso della città. Per la decorazione pittorica del soffitto della sala principale, detta anche “Sala d’Oro”, la Signoria, nel 1556, incaricò sette diversi pittori di realizzare ciascuno tre tondi – quindi, in totale, ventuno dipinti – da inserire nelle elaborate cornici intagliate e dorate progettate dallo stesso Jacopo Sansovino. La scelta cadde su artisti per lo più ancora giovani, tutti in qualche modo legati al mondo manierista, tra cui Paolo Veronese. Le tele vennero consegnate entro il 10 febbraio del 1557. I tre tondi di Paolo, che costituiscono la sesta fila, rappresentano l’Onore, figura maschile assisa sul trono e adorata dalle Virtù, L’Astronomia e l’Armonia che scacciano la Menzogna (o, secondo un’altra lettura, L’Aritmetica e la Geometria), tre giovani donne issate su una complessa struttura architettonica, e la Musica, raffigurata da bellissime giovani che suonano strumenti a corda, avendo accanto a sé, come vuole la tradizione letteraria cinquecentesca, Amore, posto sotto la figura marmorea di un fauno. Nella realizzazione di questi dipinti Paolo mette a frutto l’esperienza maturata durante l’esecuzione dei soffitti delle sale dei Dieci in Palazzo Ducale, accentuando la partitura cromatica, usando colori molto carichi e rafforzandone l’effetto luminoso, per evitare che la pittura venga soffocata dalla doratura delle cornici. La ricchezza coloristica di queste tele, ormai presaga di quel “classicismo cromatico” che connoterà le grandi realizzazioni veronesiane degli anni a venire, costituisce un palese omaggio all’arte di Tiziano. Paolo partecipa negli anni successivi anche alla decorazione delle pareti della “Sala d’Oro” realizzando due delle figure di filosofi collocate entro nicchie dipinte, quelle di Aristotele (col capo coperto) e di Platone (col capo scoperto), esposte ai lati dell’ingresso. Le due tele risalgono probabilmente al 1560. Le due possenti figure, vestite di abiti dai colori sgargianti, in cui predomina il rosso, si stagliano contro l’edicola classica che le contiene, quasi fossero statue scolpite; il confronto con le simili figure del Tintoretto presenti nella stessa sala ben documenta la notevolissima distanza coloristica che separa i due maggiori rappresentanti del manierismo veneziano.